Racconto breve 5. Quattro salti nella sfortuna.

Nella foto di apertura, immagine delle tribune dell’ippodromo di Merano. Fu inaugurato nel 1935, in occasione della prima edizione del Gran Premio Merano, ancora oggi una delle corse ad ostacoli più prestigiose, tecnicamente valide e ricche del panorama internazionale.

Il nuovo racconto di Renato Olpher Rossi. Questa volta parliamo di ostacolismo. La strana carriera di Picos.

di Renato Olpher Rossi abbiamo pubblicato:

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di Renato Olpher Rossi

Auteuil si sa per gli ostacolisti è una vera fucina. Elio e suo fratello Fabio si erano formati alla cultura del galoppo frequentando l’ippodromo di Merano. Va da sé che quando decisero di fare sul serio, con tanto di richiesta di colori al Jockey, non ebbero dubbi su quel loro inizio di attività ippica.

Cavalli da ostacoli! E per non sbagliare, consigliati da un amico, titolare di una storica scuderia meranese, decisero di acquistare un paio di soggetti in Francia, già in attività e quindi controllabili sul piano delle performance.

«Non potete sbagliare, rivolgetevi a Marcel Breil, grande allenatore di cavalli ad ostacoli e persona onesta oltre che competente, ça va sans dire!» li consigliò così l’amico meranese.

Il mese seguente i due fratelli, accompagnati dal padre, grande allevatore di bovini e dall’allenatore a cui avevano deciso di affidare i cavalli, si presentarono in quella grande scuderia nei pressi dello storico ippodromo francese.

Passarono un paio di giorni ad esaminare il materiale equino che quel brav’uomo di cavalli d’oltralpe proponeva all’acquisto. Il loro allenatore li provava sulla pista di allenamento e, una volta sceso da cavallo ne descriveva pregi e difetti.

Arrivarono così a concludere per due soggetti, uno dei quali assai costoso ma di sicuro affidamento, oltre che sponsorizzato dal padre dei due neo-proprietari, affascinato dalla bellezza di quell’animale. Un sauro di notevoli dimensioni che aveva già dato prova di se in alcune buone condizionate appunto ad Auteuil e non solo.

I due cavalli arrivarono a San Siro la settimana seguente, con destinazione le vecchie scuderie dove era di stanza il loro nuovo allenatore, e mostrarono una buona indole adattandosi subito al luogo.

Essendo già in allenamento in Francia non fu difficile prepararli, e in capo a una quindicina di giorni furono considerati pronti per le corse. Era Giugno e stava per iniziare una nuova stagione ostacolistica per Merano. Logico quindi trasferirli a Maja bassa.

Il primo debutto fu per il baio oscuro, con una modesta carriera alle spalle, e quindi ci si limitò a un ascendente che peraltro il cavallo vinse, montato da quello che a quei tempi era considerato il miglior fantino ad ostacoli italiano.

Picos, così si chiamava quel sauro imponente, corse la settimana successiva in una condizionata per ottimi soggetti in steeple. A Merano, si sa, occorre saper saltare più che galoppare, ma Picos dimostrò subito una certa classe, ebbe solo un’incertezza sull’ultima siepe, posta in dirittura d’arrivo e fu battuto di una incollatura.

«Maledizione che sfortuna!» si disperava l’allenatore, ma i nuovi proprietari furono pienamente soddisfatti. Il sauro si era dimostrato competitivo con i primi della classe e prometteva di crescere ancora.

«Non appena avrà preso confidenza con il percorso mostrerà la coda a tutti! Diceva esaltato il suo trainer. E alla sera a cena con i suoi proprietari prometteva vittorie e quattrini.

Picos ricorse una quindicina di giorni dopo un’importante pattern e anche questa volta si presentò tra i protagonisti, sfortunatamente prima di entrare in dirittura sul siepone che immetteva all’arrivo cascò un cavallo e, dovendo scartare per evitarlo, perse la corsa arrivando secondo battuto da un outsider, una maledizione! Tuttavia Elio era contento.

«Solo sfortuna! Vedrete che prima o poi arriverà il suo turno!» affermava sicuro, e il suo allenatore annuiva convinto. Non fu così!

Un’altra corsa di gruppo sui 3900 metri e questa volta il sauro fece di più, si presentò con dieci lunghezze di vantaggio sugli avversari, sicuro vincitore, ma all’ultimo salto di una siepe secca e bassa, si ricevette male, non cadde ma il suo fantino ruzzolò senza rimedio. Il suo entourage non aveva più parole, per di più Picos si era procurato un piccolo danno a un nodello e lo fermarono per prudenza. Era evidente come quel cavallo fosse straordinario, un vero campione, ma anche molto sfortunato.

La stagione meranese volgeva al termine e fu messa nel mirino, in autunno, la più importante corsa in steeple di San Siro. 5000 metri massacranti con la partecipazione di importanti soggetti d’oltralpe.

«Li ha già battuti in patria!» commentava sicuro il suo allenatore «abbiamo forma qualità e fantino», confortava i suoi proprietari.

San Siro non ama particolarmente gli ostacoli. Tuttavia quel giorno, nell’ippodromo più bello del mondo, (mi sia concesso il vezzo di vecchio ippico milanese) c’era tutto il mondo ostacolistico italiano, e non solo.

I migliori cavalli della specialità europea si diedero battaglia sull’oxer, l’arginello e la fence: Picos era nella sua posizione d’attesa, a ridosso dei primi, come sempre elegante e sicuro sui salti che volava via da par suo.

Sulla piegata prima dell’arrivo contavano in tre, e il sauro era della partita, sull’ultima siepe, sollecitato dal suo interprete si apprestava all’allungo finale: da buon figlio di Wajib, non avrebbe perdonato in piano gli avversari.

All’improvviso, forse sotto sforzo, l’avversario più vicino scartò e costrinse il fantino del sauro a fermare per evitarlo, quando riprese la sua andatura rabbiosa non c’era più nulla da fare e venne irrimediabilmente battuto da un compatriota che lui aveva sempre regolato in patria prima di approdare in Italia.

La sera in scuderia l’atmosfera era delle peggiori, come sempre accade si cercava un caprio espiatorio. Lo si trovò nel fantino, reo secondo l’allenatore di non avere cercato il buco migliore per passare, i proprietari erano costernati. In realtà Picos era un cavallo soltanto perseguitato dalla sfortuna.

La conferma arrivo al Tesio, a Torino. La corsa era il “mole Antonelliana”, il confronto prestigioso più importante della stagione ostacolistica torinese, l’ultima probabilmente che il sauro avrebbe affrontato in quella stagione.

Dopo alcune centinaia di metri un cavallo si ricevette male dopo un salto e cadde. Si aggirò scosso, dopo aver saltato da solo la siepe che delimitava la pista al cui interno vi era il percorso di golf che allora caratterizzava lo spazio particolare di quell’ippodromo.

La corsa continuò nel suo caratteristico tragitto antiorario. Picos lungo la piegata finale prese vantaggio e si apprestava a percorrere quelle poche centinaia di metri in vantaggio: esisteva un unico passaggio, che consentiva l’accesso in pista dal campo da golf ed era duecento metri prima dell’arrivo.

Quel cavallo scosso si infilò in quello spazio angusto proprio mentre sopraggiungeva il sauro lanciato finalmente verso la vittoria: lo scontro fu inevitabile e Picos ebbe la peggio.

Finì la sua carriera al prato, dove i suoi proprietari, con un gesto generoso lo mandarono nella speranza di avviarlo un giorno ad una piccola carriera da riproduttore.

Ma la sfortuna non si era dimenticata di lui! Dopo svariati tentativi risultò sterile facendo la felicità di una giovane amazzone varesina a cui i genitori intesero fare un regalo. Nei concorsi ippici provinciali e regionali risultò imbattuto per anni!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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